Il Conto Dell'ultima Cena by Andrea G Pinketts Il Conto Dell'ultima Cena

Il Conto Dell'ultima Cena by Andrea G Pinketts Il Conto Dell'ultima Cena

autore:Andrea G Pinketts Il Conto Dell'ultima Cena
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-08-28T16:00:00+00:00


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C'è protesta e protesta.

Si può protestare seduti oppure in piedi.

Seduti sembra più comodo, a meno che una carica della polizia non interrompa il sit-in.

Protestare in piedi ti consente una certa mobilità.

In un corteo camminando hai l'impressione di portare avanti la tua protesta.

In realtà, passo dopo passo, porti avanti te.

Chi si ferma è perduto.

Ti pestano i piedi.

C'è anche una terza via: puoi protestare sdraiato: Durante lo sciopero della fame, punzecchiato dall'ironia e dalle flebo, se ti va puoi stare a letto sognando a occhi aperti panini imbottiti e riforme.

Non necessariamente in quest'ordine.

La protesta, però, per qualcuno è l'accorata preghiera, piuttosto lunga, conosciuta sin dai tempi di Gregorio Quindicesimo, che serve a impetrare la buona morte.

Sviluppa più o meno questi pensieri: Difficile il morire, più difficile il morire da giusto, difficilissimo morire da giusto per chi fu peccatore.

Quando la Signora apparve a Veronica Nucci, dopo aver detto alla ragazzina Diciamo cinque Credo a mio figlio, aggiunse: Diciamo la Protesta.

Veronica era fortunatamente ferrata in preghiere pur essendo analfabeta.

Per una dodicenne di Sorano, in provincia di Grosseto, nel 1853 la cosa non era poi così grave.

Sorano nel 1853 fa parte del Granducato di Toscana retto dai Lorena e il Cerreto, il bosco dei Cerri, ne è una contrada che in una valletta stretta e umida ospita una chiesa della Madonna, detta dell'Aquila, in riferimento allo stemma in travertino, raffigurante un'aquila su uno scudo rotondo, attribuito agli Aldobraschi.

Veronica, pastorella figlia di un agricoltore, nata in una famiglia di saldi principi religiosi, deve il suo nome a un sogno della madre.

Maria Stella Nucci sognò una fanciulla che, col fazzoletto, ripuliva dal sangue un crocifisso.

Nel sogno, la donna decise di intervenire, anticipando la realtà virtuale, e si materializzò accanto a una sconosciuta che osservava, come lei, la ragazza che col fazzoletto insanguinato sfregava il crocifisso.

Come si chiama quella ragazza? chiese Maria Stella alla donna di sogno accanto a lei.

Il suo nome è Veronica.

Maria Stella si svegliò ripromettendosi di chiamare con questo nome la creatura che stava per partorire, se fosse stata una femmina.

Se fosse stata un maschio si sarebbe chiamato Gesù, l'unico uomo presente nel sogno, seppure inchiodato dalle proprie responsabilità.

Giovedì 19 maggio 1853, insieme al fratellino Giambattista di sette anni, Veronica nel primo pomeriggio sta pascolando più di trenta pecore nel luogo chiamato La Casetta, a un chilometro e mezzo da Sorano.

Improvvisamente un lampo, un tuono e la pioggia.

Veronica e Giambattista corrono al riparo ma trovano davanti a sé le spalle di una signora genuflessa di fronte alla chiesa.

Veronica sente dirsi: Veronica, vieni qui accanto a me.

Non ti bagnerai.

Mettiti in ginocchio.

La Signora indica a Veronica il punto esatto in cui inginocchiarsi.

La pastorella esegue.

Da quella posizione riesce a intravedere la guancia destra rigata di lacrime di colei che l'ha invitata.

La Signora indossa un abito bianco cosparso di fiorellini rossi grandi quanto un pollice.

Veste dalla testa all'altezza delle ginocchia un manto celeste con macchie rosse di forma circolare; tiene le mani aperte in atto di supplica.

Sul capo splende una corona corredata al centro da una croce alta circa otto dita.



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